“Avete mai provato a mettervi nei panni di un olivo? Un oliveto è pieno di storie d’amore, di mistero, leggende e commedie. Gli olivi sanno parlare e ci dicono “guardateci, ascoltateci, toccateci e abbracciateci”. Chi avrà il coraggio di ascoltarli?
Noi viviamo un tempo sempre uguale e sempre diverso, regolare ma incostante.
I nostri giorni e le nostre notti non hanno tutti la stessa durata e le stagioni non iniziano mai in un giorno preciso.
Eppure, i giorni e le stagioni segnano lo scorrere del nostro tempo.
Niente per noi è mai davvero uguale a sé stesso.
Le erbe che crescono tra le nostre radici sono sempre uguali, ma non sono sempre le stesse.
Il vento che soffia nelle nostre chiome, quando accarezza le foglie o spezza i rami, è sempre uguale eppure non è mai lo stesso.
La pioggia, quando arriva, poca o tanta, gelida o impastata di sabbia, in fondo è sempre la stessa; ma le gocce d’acqua, che sembrano tutte uguali, non sono le stesse.
Quelli che appoggiavano scale di legno ai nostri tronchi non sono gli stessi che vengono oggi con l’acciaio e il frastuono, ma i loro gesti non sono cambiati molto. Eppure, quando arrivano, lo fanno sempre al sorgere del sole, perché i nostri giorni non sono uguali ai loro, ma iniziano nello stesso momento.
Sotto i colpi delle verghe o al vibrare dei rami, i nostri frutti, certo non gli stessi ma sempre uguali, cadono allo stesso modo.
Non sappiamo niente ma conosciamo tutto. Non sappiamo dei motori che rombano oltre i muretti a secco ma abbiamo imparato a conoscerli, come un tempo già conoscevamo gli zoccoli degli animali: non è lo stesso, ma per noi è uguale; è tempo che passa.
Conosciamo gli aerei, il fuoco, i cani, le volpi e anche le parole.
Noi le parole non le capiamo, eppure le conosciamo perché servono a raccontare, e quello anche noi lo sappiamo fare. Solo che dovete ascoltarci in un modo un po’ diverso.
Ci vuole calma, perché il nostro è un tempo lento e il nostro racconto è lungo centinaia di anni. Iniziate ascoltando il silenzio, ascoltatelo finché non esiste più, quando inizia a ronzare, frusciare, frullare e sussurrare. Fate qualche passo, fermatevi, poi muovetevi ancora. Se proverete a fare passi tutti uguali, qui in mezzo a noi, non ci riuscirete. I vostri piedi inciampano in tanti piccoli pezzi dei nostri racconti, a forma di zolle, di pietre e di steli d’erba.
Anche le nostre cortecce conoscono racconti. Toccatele sempre, ogni volta che ci passate accanto: altre dita ci sono passate, uguali alle vostre, e ci vogliono molte delle vostre dita per leggere, scrivere e cancellare storie tanto antiche.
Guardateci, ascoltateci, toccateci e abbracciateci.
A noi non dà fastidio, raccontare ci piace. E ci piace pensare che, anche se non siete loro, voi siate uguali a quelli che un tempo trovavano naturale ascoltarci.
Nei filari regolari troverete la pazienza e le speranze di chi vi ha preceduto, in un mucchio di cenere leggerete il brivido del pericolo sempre in agguato. Abbiamo storie d’amore, di mistero, leggende e commedie.
Provereste a ballare intorno ai nostri tronchi? Un tempo, qualcuno lo faceva. E sentiva i suoni intorno a sé diventare musica.
Passeggiando in compagnia, potreste accorgervi di stare sentendo storie diverse.
Allora, scambiatevele.
E se tornerete domani, i suoni, uguali a quelli di oggi ma non gli stessi, vi racconteranno qualcosa di diverso.
Allora, tornate spesso ad ascoltarci”.
Alessandra Sacco
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